Nigeria: il giallo della nave dirottata

martedì 9 settembre 2008 → 13:09 in Nigeria

Un’intervista rilasciata ad Amisnet.org da  Edo Dominici dell’associazione  ASud sulla situazione del Delta del Niger

Nigeria
A cura di Marzia Coronati • 9 Settembre 2008

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ascolta l’intervista

Delta del Niger. Un gruppo di uomini armati dirotta una nave, uccide un marinaio e rapisce un altro membro dell’equipaggio. Il portavoce dell’esercito nigeriano dichiara che la nave è di proprietà dell’Agip, ma la multinazionale smentisce: “La proprietà è di un’azienda contrattista australiana”. Intanto il governo cerca di portare avanti un processo di pace, ma il Mend si dissocia: “Tentativo ipocrita”.

Dopo i rapimenti dell’anno scorso, l’Eni ha diminuito la presenza di lavoratori italiani sulle piattaforme nel Delta, rimpiazzandoli con persone di altra nazionalità. Clicca qui per ascoltare l’intervista a E. Dominci, A Sud

L’attacco della nave “Fulmar Lamnaco” è accaduto il 7 settembre, sul fiume Sambriero, nello stato del River. Secondo quanto riferito dal portavoce dell’esercito nigeriano Musa Sagir, durante il dirottamento sarebbe morto un marinaio e un altro sarebbe stato rapito. Sagir ha anche dichiarato che la nave è di proprietà dell’Agip, la filiale nigeriana del gruppo Eni, ma la multinazionale italiana ha smentito. “La nave in questione non è di nostra proprietà ma di un’azienda contrattista australiana; al momento non ci sono nemmeno contratti in corso di esecuzione con l’Agip” ha dichiarato la multinazionale italiana che opera in Nigeria. Primo produttore di petrolio del continente, settimo esportatore mondiale, lo stato nigeriano è di vitale importanza per l’Eni, che ha stabilito nel Delta del Niger numerosi impianti di estrazione. Dopo gli avvenimenti dell’anno passato però, quando tre italiani furono rapiti dal Mend, il movimento per l’emancipazione del delta del Niger, l’Eni ha diminuito la presenza di lavoratori italiani, e oggi sulle piattaforme lavorano soprattutto nigeriani, colombiani e filippini.

“I grandi organi di stampa italiani riportano le notizie sul Delta del Niger solo quando riguardano persone di nazionalità italiana”, dichiara Edo Dominici, esperto in questioni petrolifere, “Anche la notizia di quest’ultimo attacco è morta come altre. In pochi hanno detto che sono stati rilasciati due ostaggi francesi, o che a giugno il Mend ha attaccato la piattaforma di Bonga: un campo petrolifero a cento chilometri dalla costa che da solo produce 200.000 barili di petrolio al giorno”.

E’stata annunciata l’ 8 settembre, l’inaugurazione del Comitato per la pace del Delta del Niger, un organo che dovrebbe cercare di sbrigliare la situazione sempre più intricata di quella regione, in cui si muovono decine di gruppi di miliziani più o meno estremisti. Questa nuova commissione, che si è riunita ieri per la prima volta, è composta da quaranta persone, in rappresentanza di ognuno degli stati del Delta ma il Mend ha già respinto la Commissione: “La pace nel Delta del Niger sarà determinata dagli acquitrini delle mangrovie e non dalle stanze con l’aria condizionata di Abuja (la capitale)”, ha detto il portavoce del Mend Jomo Gbomo, “Senza il rilascio di Henry Okah, nessun militante assennato che abbia evitato la cattura può credere che il governo voglia una pace autentica”. Okah è il leader del Mend incarcerato un anno fa. “L’anno scorso fu convocato un tavolo in cui erano stati coinvolti anche i miliziani dei gruppi più politicizzati”, ricorda Dominci, “era il 3 agosto 2007, per quella occasione il vicepresidente Jonathan Goodluck aveva contattatto Henry Okah, uno dei leader principali del Mend, come una delle parti che dovevano essere consultate, per avviare il processo di pace del Delta. Okah aveva assicurato la sua cooperazione a condizione che la crisi del Delta venisse affrontata seriamente dal nuovo Governo. Ad Okah fu proposto di presiedere la commissione, lui rifiutò, ma indicò due persone, che furono nominate presidente e segretario. Prima che la Commissione di Pace iniziasse a lavorare, secondo i comunicati del Mend, il Governo Federale e le compagnie petrolifere avrebbero istigato l’arresto di Okah e del suo amico Edward Atatah, un comandante di navi, a Luanda, in Angola, il 3 Settembre del 2007; contro di lui un’accusa generica di traffico d’armi,. Per cinque mesi Okah è rimasto in carcere in Angola senza che venisse formalizzata di fronte a un tribunale nessuna accusa contro di lui. Oggi Okah si trova nelle carceri nigeriane sottoposto a un processo segreto”.

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