Il Mend attacca oleodotti Shell e Chevron “Si tratta di un avvertimento”.

mercoledì 6 gennaio 2010 → 0:23 in Nigeria

Il 19 e il 21 dicembre il Movimento per l’Emancipazione del Niger Delta (Mend) ha interrotto la tregua con il governo nigeriano ed ha ripreso i suoi attacchi contro gli impianti petroliferi nella regione del Delta. Torna a salire la tensione in Nigeria orfana del Presidente Yar’Adua, gravemente malato e ricoverato dal 23 Novembre in Arabia Saudita.
oleodotto in fiammeLa tregua durava da due mesi, dopo che il governo federale nigeriano del presidente Umaru Yar’Adua aveva avviato un processo di negoziato diretto con i rappresentanti del più temuto movimento di militanti.
Il 19 e il 21 dicembre il Mend ha sferrato due attacchi agli oleodotti della Shell e della Chevron nel Rivers State. L’oleodotto di Abonemma, a circa 50 km da Port Harcourt è stato gravemente danneggiato dalle esplosioni. “ Si tratta di un avvertimento – dice, nel solito comunicato, il Mend – contro la ingiustificata sospensione dei colloqui di pace da parte del governo con il pretesto della malattia del presidente Yar’Adua”. Il Mend ha dichiarato che «L’operazione si è svolta nel Rivers State con l’aiuto di cinque imbarcazioni. I 35 membri dell’equipaggio hanno usato armi pesanti e lancia-razzi».
Il presidente nigeriano Yar’Adua, gravemente malato da tempo, è ricoverato in Arabia Saudita dal 23 novembre scorso, dove ufficialmente viene curato per problemi cardiaci e non ha demandato al vice-presidente i suoi “poteri”. Ricordiamo che il vice- Presidente è Goodluck Johnatan, un uomo del Delta, della minoranza Ijaw (la stessa, della maggioranza dei militanti del Mend), che probabilmente non sarebbe accettato dai militari e dalla maggioranza musulmana del Nord del paese.
Dell’assoluto vuoto di questi mesi i falchi del governo di Abuja ed i militari hanno approfittato per rallentare i colloqui sull’amnistia e sulla risoluzione dei problemi sociali e di sviluppo della regione del Delta, ricca di petrolio ma con una popolazione poverissima.
Il Mend aveva accettato l’amnistia e il 25 ottobre aveva decretato il cessate il fuoco a tempo indeterminato per incoraggiare il dialogo con il governo federale. I ribelli chiedono la liberazione di tutti i dirigenti del Mend e degli altri movimenti autonomisti, molti dei quali pacifisti, ancora in carcere e ricordano di essere stati costretti a prendere le armi a causa della sanguinosa repressione scatenata nel Delta del Niger negli anni ’90 dalla dittatura militare dell’ex presidente Sani Abacha.
Purtroppo sembra che il presidente Yar’Adua era di fatto l’unico garante della pace, ma dopo due mesi di assenza per la sua malattia, tutto viene rimesso in discussione e si rischia di riavviare la Guerra del petrolio.
Il Mend nel comunicato siglato da Jomo Gbomo chiarisce “Desideriamo e auguriamo al presidente una pronta guarigione, ma una situazione in cui il futuro del Delta del Niger è legato alla salute e al benessere di un solo uomo è inaccettabile.”
I colloqui di pace sono stati sospesi quando il presidente Yar’Adua è stato ricoverato il 23 novembre dello scorso anno.

“Il governo attraverso il Governatore dello Stato di Bayelsa, Chief Timipre Sylva, il ministro della Difesa, Gen. Maggiore. Godwin Abbe e Ministro dell’Informazione e della Comunicazione, Prof. Dora Akunyili, continuano a fare propaganda, sostenendo che la situazione in Delta del Niger è sotto controllo. Questa affermazione è lontana dalla verità ” – prosegue il Mend.
Il gruppo ha inoltre osservato che “Il governo nigeriano ha convenientemente legato la trattativa e i colloqui sulle richieste di sviluppo del gruppo alla malattia del presidente ma non ha legato la riparazione delle condutture, lo sfruttamento del petrolio e del gas, nonché la distribuzione e il riarmo di truppe nella regione alla salute del presidente. ”
“Il Mend rimane aperto al dialogo, ma il cessate il fuoco a tempo indeterminato deciso dal gruppo Domenica 25 Ottobre 2009 sarà riesaminato entro 30 giorni dal 19 dicembre 2009.”

Nel frattempo, vi sono stati alcuni segnali inquietanti sulla sorte di Yar’Adua che hanno già innescato il dibattito sui piani di successione e sullo svolgimento delle attività di governo.
Jomo Gbomo aveva detto in una recente intervista che “a questo punto, il fragile processo di pace è appeso al filo sottile del cessate il fuoco. Le nostre richieste non sono state affrontate perché non c’è alcun dialogo in corso. Ci aspettiamo che, quando la salute del presidente o se vogliamo ci troviamo con un altro presidente, il processo avanzi con un altro ritmo e entusiasmo, oppure i colloqui di pace possono fermarsi e allora le agitazioni riprenderanno “.

6 commenti a “Il Mend attacca oleodotti Shell e Chevron “Si tratta di un avvertimento”.”

Edo scrive:

Mi fa sicuramente piacere che queste notizie circolino anche perchè la “grande (sigh!) stampa” ignora tutti i delta del Niger sfruttati e martoriati da cui nasce il nostro “elevato livello di vita” e quando ne parla ne da un’immagine pittoresca ed idiota, sminuente.

Sandro kensan scrive:

Comunque Debora Billi di Petrolio/blogosfere ha linkato la tua descrizione di Jomo Gbomo:

http://petrolio.blogosfere.it/2010/01/nigeria-henry-okah.html

Spero ti faccia piacere.

Edo scrive:

Concordo sul fatto che nessuno in Occidente vuole rinunciare al petrolio, in quanto all’ambientalismo, molte chiacchiere ma poca capacità di pressione per esempio sull’Eni (Agip) che nessuno in Italia vuole toccare. Aggiungi che sia la “sinistra istituzionale” che l’ambientalismo hanno “storicamante” guardato poco all’Africa, di cui sanno poco o nulla ( garantisco personalmente, i Verdi e Rifondazione, allora al Governo, chiedevano a noi quello che stava accadendo quando c’erano degli italiani rapiti).
In quanto al Mend, ha fatto tantissimo – Minima violenza, massimo risultato, una modalità di lotta con bassissimo spargimento di sangue (..e spesso per colpa dei militari) e con grande capacità di comunicazione e di pressione, segno di una grande guida, anche se molti non hanno capito.
Naturalmente parlo del Mend di Jomo Gbomo, parlo della famiglia Okah e dei combattenti che li seguono su cui molti dei capi, capetti o presunti tali, che hanno accettato l’amnistia tentano di gettare discredito.
Uomini come Ateke Tom, Boyloaff ma anche Tom Polo e lo stesso Asari non hanno lo spessore per portare avanti una lotta così attenta a quello che accade e così lineare.
Naturalmente il mio è un punto di vista “da lontano”, seguo dal 2004 per conto di ASud Onlus (www.asud.net) la Nigeria e penso che il Delta del Niger sia uno dei più grandi disastri umanitari e ambientali del mondo…… meglio ignorarlo, no ?
Ciao.

Sandro kensan scrive:

Penso che in occidente nessuno voglia una Nigeria libera di decidere del proprio petrolio e soprattutto non si rinuncia al petrolio nigeriano. Poi mi stupisce che il post di ecoblog che ho linkato abbia avuto così pochi commenti, il mio e un altro, forse nemmeno negli ambienti ambientalisti si vuole veramente rinunciare al petrolio.

Sull’ultima frase che hai detto penso che non ci sia l’interesse di avere una Nigeria libera da parte occidentale e che il Mend stia facendo il possibile per la sua gente.

edo scrive:

Conoscevo l’iniziativa, con la quale in linea di principio concordo pienamente, il problema nasce dal fatto che l’intera economia nigeriana è ormai TOTALMENTE (oltre il 90% del Pil) basata sui combustibili fossili (petrolio e gas) quindi una decisione del genere dei 9 stati del delta, quelli drammaticamente colpiti dall’estrazione petrolifera, porterebbe alla guerra con la Rupubblica Federale e con i militari (gestiti e governati principalmente dagli Hausa-Fulani del Nord, l’etnia maggioritaria del Paese.
Più ragionevole battersi per una equa ripartizione dei proventi petroliferi e per lo sviluppo del Delta (Piano Marshall – Strade, acquedotti, elettricità, fognature etc.) che va risarcito dal governo e ripulito dalle Compagnie Petrolifere che non hanno rispettato le più elementari norme di sicurezza, inquinando e distruggendo tutte le fonti di vita della popolazione locale (pesca, agricoltura).
Questa potrebbe essere la strada, ma servirebbe una grande pressione internazionale sulle Major petrolifere e un governo nigeriano “credibile”.

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