No all’articolo 60. Una campagna anticensura

mercoledì 11 marzo 2009 → 20:19 in Manhattan e dintorni

Tra le norme del pacchetto sicurezza c’è un articolo, il 60, che introduce vaghe e pericolose norme sul contenuto dei siti web e dei blog. Una rete di testate, online e non solo, lancia una campagna per bloccarne l’approvazione alla Camera.

censura di Enzo Mangini
Un argomento che ci riguarda, ho chiesto di pubblicare l’articolo scritto per Carta.
Al Senato era l’emendamento proposto dal senatore Udc D’Alia. Nel nuovo testo del famigerato pacchetto sicurezza, il ddl 733 da oggi all’esame della Commissione affari costituzionali della Camera, è diventato l’articolo 60. Cambia la forma, ma non il contenuto. Un unico articolo, vago e malformulato, che però rischia di essere grave quanto a conseguenze. Eccolo: Il titolo è «Repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o di attività illecitecompiuta a mezzo internet». I commi sono cinque: «Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
Il Ministro dell’interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all’adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all’autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.
Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell’interno e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce, ai fini dell’attuazione del presente articolo, i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.
I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l’effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l’attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministero dello sviluppo economico.
Al quarto comma dell’articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: “col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda”».

I «fornitori dei servizi di connettività», cioè i provider, hanno già fatto sapere che non sono disposti a trasformarsi in poliziotti della Rete. L’Assoprovider, l’associazione che riunisce i provider indipendenti, ha chiesto un’audizione alla Commissione affari costituzionali della camera dei deputati per spiegare perché, dal loro punto di vista, questo testo non regge.
I rilievi da fare sono molti. Alcuni sono stati presentati nella conferenza stampa tenuta martedì mattina nella sede di Carta dalla rete di riviste e agenzie di informazione che ha promosso l’appello «La Rete ti libera». Sono più di venti testate dall’agenzia Misna alle web tv Pdcitv e PandoraTv, da Radio Città Aperta a Megachip e Aprileonline fino a Rassegna sindacale. Il senso della campagna appena lanciata è semplice: l’articolo 60 va abolito. Iacopo Venier [Pdcitv], Marco Santopadre [Radio Città Aperta] e Danilo Giorgi [Prc] hanno spiegato che l’articolo è «inutile, perché esistono già le norme per punire i reati commessi su internet; dannoso, perché per la sua imprecisione può essere usato in modo arbitrario; e pericoloso perché scarica sui provider l’onere dei sistemi di controllo e dell’eventuale oscuramento dei siti ’segnalati’». Inoltre, introduce in Italia e per decreto del ministero dell’interno, i «sistemi di filtraggio» che sono la base della censura su Internet nei regimi di tutto il mondo.
«E’ un articolo inapplicabile – ha detto Venier – che però può essere lasciato dormiente fino a quando non serva usarlo per disattivare siti scomodi». «Apologia di reato o istigazione a disobbedire le leggi potrebbe essere anche invitare i medici a non denunciare i migranti irregolari o sostenere le proteste contro la base Usa di Vicenza – ha aggiunto Santopadre – Praticamente quasi ogni campagna di protesta civile potrebbe rientrare in questa previsione». Paradossalmente, se l’articolo fosse approvato, anche invitare i provider a non dotarsi degli «strumenti tecnici di filtraggio» diventerebbe motivo di un possibile «intervento» del ministero dell’interno. Che si trova così nelle mani, grazie al senatore Gianpiero D’Alia dell’Udc, un bavaglio elastico. Tanto più utile quanto più tv e grandi media scelgono di non inquadrare il malessere sociale causato dalla crisi e dalle politiche del governo. «Non possiamo non considerare che questo articolo rientra in un pacchetto tutto centrato sulla repressione – ha detto Danilo Giorgi – Un motivo di più per cercare di fermarlo».

3 commenti a “No all’articolo 60. Una campagna anticensura”

edo scrive:

Un paese che tiene fino a 6 mesi dentro un campo di concentramento, “civilmente” chiamato Centro di Permanenza Temporanea, uomini, donne e bambini che hanno commesso un solo reato, essere poveri, è una vergogna che dovremmo portarci dietro per generazioni, cos’è il fascismo e quanto ha contaminato l’intera società ce l’ho fin troppo chiaro.

fabrizio scrive:

Molto banalmente con questa legge i provider verrebbero obbligati a chiudere i siti ritenuti “fuorilegge” (da chi poi?) ma la cosa non mi stupisce affatto visto che viviamo in un paese in cui si chiede ai medici di denunciare come clandestini eventuali pazienti senza permesso di soggiorno. Rega’ il fascismo non necessariamente si presenta col moschetto e l’olio di ricino, anzi…

Edo scrive:

Credo che l’argomento ci riguardi in quanto “cittadini” non solo per questa nostra piccola piazza virtuale.
Come dice er Milanese… sò tempi bui..molto bui.

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