La Trappola della Globalizzazione

giovedì 29 maggio 2008 → 12:35 in Manhattan e dintorni

logo.jpg

“L’attacco alla democrazia e al benessere” di Hans-Peter Martin e Harald Schumann, due redattori del settimanale Der Spiegel
A cura di Edo Dominici
29 Maggio 2008
In altra parte del sito si è parlato di questo libro che alcuni anni fà mi capitò di leggere, su suggerimento di Doppiafila.
Devo dire che allora, molte delle cose che leggevo mi sembrarono esagerate, fuori dal mondo, lontane da noi.

Il libro racconta un incontro avvenuto al Fairmont Hotel di S.Francisco dal 27 Settembre al 1 Ottobre del 1995.
Alla fine di quel settembre del 1995 l’elite del potere mondiale, 500 statisti, presidenti di multinazionali e scienziati di spicco, discutono a porte chiuse il XXI secolo.
Tre soli giornalisti, tra cui Hans-Peter Martin erano ammessi in tutti i gruppi di lavoro di quell’incontro al Fairmont.
Come una pietra di confine, il Fairmont Hotel segna il passaggio dall’età moderna al futuro.
“In questo ambiente, Michail Gorbaciov, uno dei pochi che ha personalmente contribuito a scrivere la storia, accolse l’elite del mondo.”
“Vecchi ed esperti timonieri del mondo come George Bush, George Schultz e Margaret Thatcher incontrarono i nuovi signori del pianeta, quali Ted Turner, il capo della CNN, che fonde le sue imprese con la Time Warner creando nell’ambito dei mezzi di comunicazione il gruppo più grande del mondo, o un magnate commerciale del sudest asiatico come Washington SyChip. Per tre giorni vogliono riflettere con la massima concentrazione, formando piccoli gruppi di lavoro con i global player del mondo informatico e finanziario, con i sommi sacerdoti dell’economia, con gli economisti delle università di Stanford, Harvard e Oxford. Economisti di Singapore e Pechino vogliono far sentire la loro voce quando è in gioco il futuro dell’umanità. Kurt Biedenkopf, il primo ministro della Sassonia, cerca di dare al dibattito qualche accento tedesco.
Nessuno è venuto per fare lo spaccone. Nessuno deve disturbare la libertà di parola; con grande impiego di mezzi l’assemblea viene protetta dai giornalisti invadenti.
Ai relatori sono concessi non più di cinque minuti per introdurre un argomento, nessuna zavorra retorica. Chi chiede la parola può parlare al massimo due minuti.
John Gage, top manager presso la Sun Microsystems, dà l’avvio al dibattito su “tecnologia e lavoro nell’economia globale”. La Sun Systems è considerata la nuova star della categoria. Essa ha sviluppato il linguaggio di programmazione “Java”. Le sue quotazioni a Wall Street hanno battuto tutti i record. Gage è conciso: “Da noi ognuno può lavorare finché vuole. I nostri collaboratori esteri non hanno bisogno di un visto”. E spiega che i governi e le loro prescrizioni non hanno più importanza per il mondo del lavoro. Dice di assumere i collaboratori che gli servono al momento; attualmente preferisce “buoni cervelli in India” che lavorano finché possono. “Assumiamo la nostra gente via computer, loro lavorano al computer e sempre via computer vengono buttati fuori”. “E’ semplice: scegliamo i più ingegnosi. Nel giro di 13 anni, da quando è stata fondata la nostra impresa, l’efficienza ha portato il nostro fatturato da zero a sei miliardi di dollari”.
David Packard, uno dei fondatori del gigante high-tech Hewlett-Packard rimane impassibile e con la massima lucidità pone la domanda centrale: “ Quanti impiegati ti servono davvero, John?”. “Sei, forse otto”, è la risposta asciutta di Gage. “Senza quelli saremmo spacciati. Va detto però che è indifferente in quale paese della Terra abitino”. “E quante persone lavorano attualmente per la Sun Systems?”. Gage”16.000. A parte un’esigua minoranza sono la nostra riserva di razionalizzazione”.
La risposta non suscita nessun mormorio tra i presenti; per loro la prospettiva di eserciti finora inimmaginabili di disoccupati è un dato scontato. Nessuno crede ancora che i mercati della crescita economica dei paesi finora benestanti possano offrire un numero sufficiente di posti di lavoro nuovi e pagati in maniera decente: secondo loro questi posti non ci saranno in nessun ambito della vita economica.
I pragmatici riuniti al Fairmont riassumono il futuro in una coppia di numeri e in un termine tecnico: “20:80” e “tittytainment”.
Secondo la loro previsione, nel prossimo secolo il 20 per cento della popolazione mondiale abile al lavoro sarà sufficiente per far funzionare l’economia mondiale.
“Non serve altra forza lavoro”, afferma il magnate Washington SyChip. Secondo lui basterà un quinto di coloro che cercano lavoro per produrre tutte le merci e per fornire tutti i servizi di alta qualità che la società mondiale si potrà permettere. Questo 20 per cento parteciperebbe quindi attivamente alla vita, al guadagnare e al consumare e non importa in quali paesi vivano i lavoratori. Viene ammesso che per esempio eredi benestanti potrebbero aumentare di qualche punto la percentuale dei fortunati.
E gli altri ? L’80 per cento dei disoccupati in ricerca attiva di lavoro? “Certo- risponde Jeremy Rifkin , autore del libro “La fine del lavoro”- l’80 per cento che resta fuori avrà problemi enormi”. E Gage rincara la dose: in futuro si tratterà “to have lunch or be lunch”, di mangiare o di essere mangiati.
Fatte queste premesse, il quotatissimo gruppo di discussione impegnato sul “futuro del lavoro” si limita a parlare di coloro che non avranno più nessun lavoro. Tra di essi vi saranno , secondo la ferma convinzione dell’assemblea, dozzine di milioni di persone che finora si possono sentire più vicine all’agiata quotidianità del S.Francisco Bay Area che non alla lotta per la sopravvivenza di chi non ha nessun lavoro sicuro.
Al Fairmont viene abbozzato un nuovo ordine sociale: paesi ricchi senza un ceto medio degno di nota, e nessuno solleva obbiezioni.
Intanto comincia la carriera del termine “tittytainment”. A introdurlo nella discussione è Zbigniew Brzezinski. Nato in Polonia, Brzezinski è stato per quattro anni consigliere per la sicurezza di Jimmy Carter, da allora si occupa di questioni geostrategiche.
“Tittytainment”, spiega Brzezinski, è un incrocio tra “entertainment” e “tits”, il vocabolo che nello slang americano indica il seno. Per Brzezinski la parola “tits” non si riferisce al sesso quanto al latte che sgorga dal seno di una madre.
La combinazione tra intrattenimento atto a intontire e un’alimentazione sufficiente – ecco la sua opinione – dovrebbe senz’altro bastare per tenere su di morale la popolazione frustrata del mondo.
Tra i manager comincia una sobria discussione sui possibili dosaggi e sulla questione di come il quinto benestante possa intrattenere il resto superfluo della popolazione.
Dal momento che le imprese devono affrontare la concorrenza mondiale, non sarebbe giusto chiedere ad esse di impegnarsi nel sociale; dei disoccupati dovrebbe occuparsi perciò qualcun altro. I partecipanti alla discussione ritengono che l’integrazione delle persone e un senso per la loro vita debbano provenire “dal vasto ambito dei servizi di volontariato, dell’aiuto reciproco tra vicini di casa, delle associazioni sportive e di altre associazioni di vario genere – queste attività potrebbero essere valorizzate con una modesta retribuzione,per promuovere così l’autostima di milioni di cittadini-“. In fin dei conti l’età industriale con il benessere delle masse non è che “un battito di palpebre nella storia dell’economia” come risulta dall’analisi del futurologo John Naisbitt.
Gli organizzatori dei tre giorni del Fairmont si vedono già sulla strada che conduce a una nuova civiltà, ma quella strada ci riporterebbe dritto dritto all’epoca premoderma.
La distribuzione del benessere e delle posizioni sociali prospettata per il nostro avvenire e quello dei nostri figli, non sembra più essere quella dei due terzi, già odiata da noi europei.
Il modello mondiale del futuro rispetta la formula “20:80”. Assistiamo al sorgere della società di un quinto, nella quale bisogna ricorrere al tittytainment per far star tranquilli gli esclusi.
Un’esagerazione fuori misura o l’attuazione di un piano del Bilderberg come sostengono alcuni

13 commenti a “La Trappola della Globalizzazione”

fabrizio scrive:

mah, io avrei tolto anche i trattini ma tant’è…

sirlad scrive:

vista la buona volontà te vojo da’ credito, mo tolgo la numerazione, e pure er “tramonte”…. 🙂 (faccina)

fabrizio scrive:

il sistema non mischia niente, li puoi ordinare come vuoi, data, nome, ID…ma vedendo come scorrono le tue non mi sembra abbiano tutto questo ordine 😀
Comunque io la gallery te l’ho pubblicata, e, visto che a te piacciono cose tipo “20-isola-al-tramonte-2” come titoli delle foto, lasciali così.

sirlad scrive:

ma vattela a pija’… i numeri li ho usati per dare la giusta sequenza temporale altrimenti il sistema le mischia, non ricordi i problemi di Edu..!? ignorante….

fabrizio scrive:

La gallery Gargano te la attivo solo dopo che hai dato titoli e descrizioni “in italiano” alle foto 😛
Che è “37-bagno-a-mezzanotte-2” oppure “32-dentro-la-grotta-coi-gommoni-ci-loro“? Su fa il bravo, datte da fa’, dai fondo al tuo vocabolario e scrive du’ parole!

sirlad scrive:

…covano nel seno!!
ps aho!, me voi mette in condizione di attivare la gallery??? attivala

fabrizio scrive:

aho’ ma che c’avete nemici da qualche parte che vedete bischeri celati?

fabrizio scrive:

a Cla’ era spam, l’ho cancellato…

sirlad scrive:

si, ultimamente ci sono molti bischeri celati….

flash scrive:

ma se leggi l’italiano rispondi in codesta maniera, noooo??? Sù, fà il bravino. A meno che……….tu non sia un bel bischero mia Kara, o caro, Gianandrea….

fabrizio scrive:

Già, è accaduto e mica una volta sola. Anzi io direi che sempre, tranne qualche raro momento nel corso della storia, l’economia ha avuto il sopravvento sulla politica. Il problema è che ora un’altrnativa vera e soprattuto realizzabile non c’è o almeno io non la vedo…

edu scrive:

Concordo sul finale: Tornare al primato della politica!
Non concordo quel “diverrà realtà qualora noi permettessimo che l’economia prenda il primato sulla politica”. E’ già accaduto! Non siamo stati in grado di impedirlo!
Il problema è proprio quello su cui concordo. Ma come si fà ?

flash scrive:

Numeri. Nella preparazione del mio esame di sociologia-politica (’77), il prof. Statera sosteneva, studi alla mano, che il cosiddetto progresso tecnologico avrebbe portato ad una massiccia robotizzazione dei sistemi industriali diminuendo al minimo la capacità d’intervento di addetti specializzati che poi sarebbero diventati sempre meno e sempre più altamente specializzati.
Cosa voglio dire? Che l’analisi 20-80 in sostituzione di quella 1-3 attesa e nemmeno mai raggiunta del post industriale era già attesa e largamente anticipata. E parliamo del mondo industrializzato, moderno. Se si applicasse il già esistente alla popolazione mondiale ecco che il 20-80 si può ben dire già attuale e, certo, la mia premessa non favorisce un ritorno di tendenza.
D’altro canto anche in quella famosa, ma non sconvolgente, riunione o incontro, David Packard quando chiese quanti uomini servivano alle loro attività, un altro gigante John Gage sembra che rispose tranquillamente “sei o otto ma non è neanche importante dove abitano”; ed alla domanda successiva su quante persone lavoravano nel suo colosso Sun System Gage rispose “sedicimila”.
La domanda vera di quel “pseudo-convegno” riguardava, ovviamente, le gran masse di esclusi , più o meno, dal grande sogno di essere qualcuno, di contare, di arrivare. Torniamo al buon Statera che sosteneva che nel prossimo futuro, di allora, era ovvio aspettarsi che la grande occupazione avrebbe riguardato i servizi, alle cose ed alle persone, se vogliamo usare un termine ampio “l’assistenza”. Avverrà in maniera indolore e senza conflitti? Illusione.
Il “turbocapitalismo”, è inarrestabile su scala mondiale ma, si legge, con un effetto collaterale che rappresenta l’anello debole della prospettiva, attacca lo stato funzionante e la stabilità democratica. La velocità dei cambiamenti e la ridistribuzione del potere e del benessere erodono le vecchie unità sociali senza lasciare il tempo necessario perché si possa sviluppare un nuovo assetto. Prima ancora delle risorse ecologiche, i paesi sinora ricchi consumano la sostanza sociale che li rendeva uniti. E siamo ai giorni d’oggi. Deregolamentazione, liberalizzazioni selvagge, privatizzazioni degli apparati statali sono la base di partenza di una logica di un mercato certamente non etico che vuol dire anche tagli sullo stipendio in caso di malattia, l’eliminazione della protezione contro il licenziamento ingiustificato, la riduzione radicale di tutte le prestazioni nel sociale e l’abbassamento dei salari nonostante l’aumento della produttività. Tutto questo non deve più essere gestito, i neo-liberisti devono convincerci che è l’unica cosa giusta da fare. E così fanno.
Ecco il “tittytainment”, una volta si alludeva al bastone e alla carota del bravo padrone, ora all”entertainment” -intrattenimento- e “tits” -il seno- che per Brzezinski non allude al seno femminile quanto al latte che una madre può offrire. La combinazione tra un intrattenimento atto a intontire e un alimentazione sufficiente -ecco la sua spiegazione- dovrebbe senz’altro bastare per tenere su di morale la popolazione frustrata del mondo, senza che questa crei problemi… Vero? Non tanto, ma è ovvio che il pericolo di una piena realizzazione di questa “visione” (non è un progetto) diverrà realtà qualora noi permettessimo che l’economia prenda il primato sulla politica.
Tornare al primato della politica quindi ed è qui che le nostre aspettative ed azioni divergono.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.